Nella giornata in cui la Chiesa cattolica ricorda santa Lucia a Dasà, nella Chiesa della Madonna della Consolazione, sarà celebrata – alle ore 18.30 – una messa; il luogo sacro ospita l’effigie della martire siciliana: il simulacro ha una storia particolare.
Il protagonista del nostro racconto è Giuseppe Misiti. Il dasaese era uno stagnino – realizzava oggetti da casa – e ciò lo aveva portato nel corso degli anni [principalmente per il contatto con l’acido]ad una cecità quasi totale. La gestione della famiglia era pertanto passata alla moglie, che accudiva e sosteneva con il suo lavoro lui e i tre figli. L’uomo, profondamente avvilito e scosso dalla situazione creatasi, si ricordò che il padre – ad un passo dal prendere i voti in età giovanile – gli aveva parlato in passato di santa Lucia e del suo patrocinio su coloro che presentavano problemi agli occhi: affacciatosi da una finestra interna iniziò così ad esternare all’aureolata la sua mortificazione umana supplicandola di ridargli la vista, sostenendo tra l’altro che se la sua richiesta fosse stata accolta sarebbe andato a trovarla nel posto dove Lucia visse e fu martirizzata [Siracusa].
I suoi familiari raccontano che all’improvviso ci fu un grande e forte lampo, al termine del quale il Misiti riacquistò completamente la vista. Il miracolo avvenne nel 1908; un anno dopo il saldatore – facendosi prestare dei soldi – non solo andò in Sicilia ma torno da lì con la statua della Santa, accolta festosamente dai cittadini del posto. Per molti anni la scultura – l’unica che insieme alla Madonna dell’Immacolata ha dietro un particolare ornamentale di cera – fu tenuta nella casa del miracolato, che divenne metà di corposi e frequenti pellegrinaggi da ogni parte del circondario [considerando anche che nella zona non erano presenti altre statue di santa Lucia], in Chiesa veniva portata solo per il novenario e la sua festa. La famiglia la teneva nella stanza da letto e ai suoi piedi ardeva sempre una lampada ad olio.
Una delle frasi più emblematiche attribuite al Misiti [che fa capire la profonda devozione dello stesso] è: «Santa Lucia mangia cu nui», tradotto «Santa Lucia mangia con noi». Giuseppe, anche con l’avvento della corrente elettrica, non aveva desistito dal tenere perennemente accesa la succitata lampada ad olio; considerato il prezzo e l’utilizzo del liquido [usato ininterrottamente ogni giorno] la spesa era considerevole. Ai familiari che lo invitavano a vagliare soluzioni alternative rispondeva che finché era possibile veniva usato l’olio donato dai pellegrini, qualora questo fosse finito l’olio da usare a pranzo o a cena sarebbe stato condiviso con la vergine siracusana, pertanto letteralmente parlando santa Lucia avrebbe mangiato con loro.
Il magnano successivamente al miracolo ebbe un altro figlio, ed effettivamente ha mantenuto l’impegno summenzionato sino alla morte. Fino al 2018 la statua era ubicata ancora nella casa dove abitava, da un cinquennio si trova invece nella Chiesa della Consolazione. Il posto è cambiato, i tempi pure, ma la devozione e il legame dei Misiti – e più genericamente di tutto il popolo dasaese – con santa Lucia era e resta imperituro.